Speciale Quadri Plastici

 

Per “Quadro plastico” o anche detto “Quadro vivente” si intende una rappresentazione in cui una o più persone immobili riproducono con la posizione del corpo e l’espressione del volto una scena storica/sacra, mitologica, immaginaria o un capolavoro dell’arte figurativa.

Le prime notizie certe sulla rappresentazione dei quadri plastici si hanno ad Avigliano a partire dagli anni ‘20. Nella serata della vigilia delle più importanti festività aveva luogo la processione della “nave”, una costruzione con l’ossatura in legno, rivestita di carta colorata, con al centro la statuetta del Santo. La “nave” veniva portata a spalla e preceduta da uomini travestiti da turchi e da bambini che reggevano lampioncini veneziani. La nave era seguita da carri trainati da cavalli e muli sui quali venivano allestiti dei “quadri”, detti plastici, perché riproducevano soggetti di arte sacra e storica, intrepretati da giovani, che ad ogni sosta dei carri assumevano quella rigidità statutaria che conferiva la tridimensionalità dell’opera d’arte rappresentata.

Nella versione più moderna i quadri plastici venivano invece realizzati su palchi fissi e con la maggiore aderenza anche scenografica del soggetto riprodotto. Veniva così elevata la qualità artistica della manifestazione.

Negli ultimi anni i quadri si sono sempre più legati a soggetti religiosi, i quali vengono selezionati su testi di storia dell’arte o su cataloghi di mostre. La manifestazione prevede anche dei premi che la giuria, sulla base di diversi elementi, come l’aderenza al soggetto originale, la scenografia, le luci e la rigidità dei personaggi per tutto il tempo di esposizione e l’assicurazione del valori cromatici, assegna ai gruppi in gara.

Oggi, l’organizzazione di ogni singola scena viene affidata a gruppi di giovani appartenenti ad associazioni culturali, i quali vengono selezionati in base a requisiti indicati dalla Pro Loco e dovranno realizzare un’opera selezionata dall’associazione e diretti da un direttore artistico e affiancati da apposite figure professionali quali, scenografi, pittori, tecnici delle luci, truccatori, responsabili della fotografia, falegnami.

La manifestazione rappresenta, senza ombra di dubbio, l’appuntamento culturale della comunità aviglianese di gran lunga più importante e più seguito.

La rappresentazione è sempre rappresentata con un accompagnamento musicale di grandi opere classiche.

Oggi, la manifestazione si tiene ad Avigliano agli inizi del mese di Agosto.

La rappresentazione ha raggiunto l’apice attraverso il famosissimo programma di Italia Got Talent, il responso del pubblico, bhè vedetelo voi stessi….

Chiesa Madonna del Carmine

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Il culto per Maria, presso gli aviglianesi, è antichissimo e praticato fin dai primi tempi della nascita della comunità, come testimonia la devozione alla Madonna delle Grazie, trovando massima espressione verso la Vergine del Carmelo, alla quale ogni aviglianese è particolarmente legato.
La tradizione vuole che la devozione per la Madonna del Carmelo si sia diffusa in Avigliano, prima che in altre terre della Basilicata, ad opera di alcuni reduci delle Crociate che avevano portato dall’Oriente tale culto. Probabilmente, fin da quell’epoca lontana, sulla vetta più alta del territorio, la Montagnola, dovette essere eretta una rudimentale cappelletta o forse una rozza capanna che servisse di scampo ai passanti, con un’immagine della Madonna.
Ma del primitivo altare non si hanno documenti, se non la memoria popolare tramandata dalle varie generazioni.
Come si è detto, la data ufficiale dell’origine del culto in Avigliano è quella del 1696.
In quell’anno, infatti, e propriamente il giorno 22 settembre, fu redatto un pubblico strumento dal Notaio Apostolico Don Francesco Viggiano, previa autorizzazione di S. E. Monsignor Agnello Rossi, allora Vescovo di Potenza. L’atto pubblico fu un solenne attestato di ringraziamento e riconoscenza verso la Vergine del Carmelo per essere Avigliano, mercè alta Sua protezione e benevolenza, rimasta illesa dal terribile terremoto di due anni prima.
Nel 1694, infatti, all’inclemenza delle stagioni che aveva distrutto tutti i raccolti provocando una tremenda carestia, si aggiunse un violentissimo terremoto che nella giornata dell’8 settembre colpì tutta la regione. Uomini, donne e fanciulli, atterriti dagli incessanti boati e dal tremendo sconvolgimento, fuggirono verso le alture invocando la Madonna del Carmelo affinché li preservasse dal pericolo e conservasse le loro case e i loro averi. Quando tutti si ritrovarono illesi in cima alla Montagnola, gridarono al miracolo. Ed ancora al miracolo gridarono quando, quaranta giorni dopo, ritornando in paese, trovarono tutte le loro case intatte: la Madonna invocata aveva, dunque, steso le sue ali protettrici sul popolo e sull’abitato. Con l’atto, sopra accennato, si decise l’acquisto di una statua della Madonna del Carmine, quella che oggi veneriamo; venne stabilita la costruzione di una Cappella sulla Montagnola, ribattezzata Monte Carmine, già luogo di culto della Vergine, e di celebrare ogni anno, in Suo onore, una festa con uno splendore da superare quello di tutte le altre che si tenevano in Avigliano. Il 26 settembre dello stesso anno, il Sindaco propose che la Vergine del Carmine fosse proclamata patrona e protettrice di Avigliano ed il popolo, con grande entusiasmo, accettò la proposta. Sempre nello stesso anno fu istituita la Confraternita della Madonna del Carmine e gli iscritti, detti fratelli, vestivano e vestono tutt’oggi saio con cappuccio simile, per forma e colore, a quello dell’ordine dei Carmelitani. La festa del 16 luglio è stata sempre celebrata con grande devozione splendore non solo dal popolo di Avigliano ma anche da tutti i paesi limitrofi, dai quali le popolazioni accorrevano in devoto pellegrinaggio sulla vetta del Santuario. Col tempo tale festa si ampliò grandemente sia per l’estendersi dei divertimenti civili che per il numero dei partecipanti. Spesso si verificavano deplorevoli risse e ferimenti.Per porre riparo a tali inconvenienti, le autorità ecclesiastiche,d’accordo con quelle civili, decisero di sospendere la consuetudine di portare in processione la Statua sul monte Carmine e di celebrare la festa solo in Avigliano. Però, nell’agosto del 1719, secondo un’antica memoria, nel territorio di Avigliano avvenne un furioso ciclone, accompagnato da acque torrenziali, che sembrava voler travolgere tutto. Tra l’infuriare degli elementi apparve la Vergine del Carmine ad una giovinetta aviglianese che si era recata a lavare i panni al vicino torrente della Braida e che, colta dal terribile nubifragio, era sul punto di scomparire fra i gorghi del torrente. La Vergine Santa, dopo averla tratta miracolosamente in salvo le disse: !o sono la Vergine del Carmine, e dite al popolo di Avigliano di riprendere l’antica costumanza di portare in processione la mia Statua sul Monte Carmine il 16 luglio di ogni anno, e celebrarvi la festa, altrimenti mali maggiori vi sovrastano. Tale volere di Maria SS.ma fu ben presto noto a tutti gli aviglianesi che ripristinarono l’antica consuetudine che da allora non e stata mai più interrotta. Un culto così anfico e profondo non si è mai affievolito nell’animo della popolazione aviglianese che da sempre si è rivolta e si rivolge alla Vergine del Carmine per intercedere grazie pubbliche e private che sarebbe impossibile elencarle tutte. A modo di esempio ne trascriviamo solo qualcuna. Nell’anno 1844, mentre una lunga e tremenda siccità distruggeva tutti i raccolti, da molti paesi lucani e fin dalla lontana Spinazzola, un’immensa popolazione si portò in pellegrinaggio al Monte Carmine per impetrare, mercè l’intercessione della Vergine, la pioggia che presto venne benefica a fecondare le aride campagne. Nella terribile notte tra il 16 ed il 17 dicembre del 1857, mentre un terribile terremoto scuoteva e distruggeva molti paesi della Basilicata, la sola Avigliano nulla ebbe a patire. Tale grazia singolarissima fu da tutti attribuita alla speciale protezione della Madonna del Carmine sua protettrice. In ncordo, il 16 dicembre di ogni anno si svolge una processione penitenziale di ringraziamento in Avigliano. Nel 1861 anche Avigliano fu attaccato dalle orde brigandesche e mentre gli uornini combattevano strenuamente per la difesa del paese, le donne disperate si portarono ai piedi dell’effige di Maria SS.ma del Carmine ad impetrare la salvezza dei loro mariti, dei loro figli e delle loro case. Alla fine i briganti dovettero ritirarsi con gravi perdite di uomini. Gli aviglianesi, con la protezione della Vergine, avevano vinto senza che neppure uno di essi fosse rimasto ucciso. Così pure nella notte del 26 maggio 1890, mentre un furioso uragano portava distruzione nelle campagne del Potentino sino al Melfese, per tutto il tempo della bufera, fu vista scintillare in cima alla cupola della Chiesa Madre del Carmine una stella fiammeggiante. Tutto il territorio aviglianese non subì il benché minimo danno. Ancora nel 1903, quando una lunga siccità affliggeva tutta la Basilicata ed i raccolti andavano inesorabilmente perduti, in Avigliano si organizzò una solenne processione di penitenza, cui parteciparono tutte le popolazioni limìtrofe, e la rniracolosa Statua della Madonna del Carmine fu portata nella sua chiesa sul Monte. Mentre veniva celebrata la S. Messa, in cielo apparve una nube a forma di stella che ben presto si sciolse in pioggia che durò circa otto giorni. Gli stessi giornali di Napoli parlarono di questa miracolosa pioggia ottenuta per l’intercessione della Madonna del Carmine di Avigliano. Riportiamo, infine, l’episodio prodigioso del 1930: era la sera del 22 luglio quando ad una giovane di Avigliano apparve nel sonno la Vergine del Carmine in atto di implorazione a Dio per la salvezza del suo popolo da una orribile sciagura. La giovane si svegliò e, insieme ad una gran folla che era stata messa a conoscenza del fatto, corse dall’arciprete per raccontare la miracolosa apparizione e per chiedere che si effettuasse nella notte una processione di penitenza sul Monte Carmine. I racconto della giovane non fu preso nella dovuta considerazione e da alcuni ritenuto addirittura insensato.

Lei, incurante della incredulità di molti, con circa duecento persone si recò sul Monte. Erano appena giunte sulla vetta quando la terra fu scossa da un forte terremoto, mentre alla popolazione di Avigliano, che nel frattempo si era riversata nelle strade e nelle piazze, giungevano le notizie e gli appelli dalla zona del Melfese sconvolto dall’evento che aveva provocato ingenti danni e vittime. Oltre questi avvenimenti pubblici, se volessimoparlare delle grazie particolari ottenute, mercè l’invocazione della Vergine del Carmine, da uno sterminato numero di devoti, questi cenni storici non avrebbero termine. Testimoni eloquenti di queste grazie sono gli innumerevoli e preziosi oggetti votivi di argento e di oro che formano il ricco tesoro della Madonna. Dobbiamo, comunque, percorrere le ultime tappe di questo antico culto ricordando che, fin dal 1811, mediante il favorevole e benigno interessamento di Mons. Bartolomeo De Cesare, Vescovo di Potenza, e dietro il voto unanime della popolazione aviglianese, la Vergine del Carmine venne dichiarata titolare della Parrocchia e Protettrice principale della città. Nel 1910, a nome del Clero e dei fedeli, l’arciprete Pace di Avigliano aveva inoltrata a Mons. Nicola Monterisi, Vescovo di Potenza, una petizione per l’incoronazione della Madonna, ma soltanto nel 1935 venne data attuazione a questa richiesta. Il 7 maggio di quell’anno l’arciprete Mons. Nicola Loffredo comunicò, in un proclama di devota sensibilità, l’imminente evento religioso. Il 26 maggio del 1935, infatti, con bolla del Capitolo Vaticano, sotto l’episcopato di Mons. Augusto Bertazzoni, la Vergine del Carmine fu incoronata Regina del popolo aviglianese, con l’intervento del Metropolita di Acerenza, Mons. Anselmo Pecci. Si realizzava, così, il sogno voluto dai nostri padri come perenne attestato della protezione della Vergine Santa nei loro confronti. Nel 1985, cinquantenario dell’incoronazione, per ricordare questa circostanza tanto cara a tutti coloro che si riconoscono figli devoti di così grande Regina, per l’intero mese di maggio si tennero solenni festeggiamenti che si conclusero, il giorno 26, data della ricorrenza, con un pontificale nella piazza cittadina e con una concelebrazione nel Santuario, sulla vetta del monte Carmine. Anche nel 1945,in occasione del decimo anniversario dell’incoronazione, e nel 1975, quarantesimo dell’incoronazione, si svolsero particolari festeggiamenti per l’intero mese di maggio. Nell’anno del cinquantenario, 1985, si svolse anche la peregrinatio ripetendo la bella esperienza del 1949 quando l’effigie della Madonna visitò le numerose frazioni di Avigliano e i vari paesi della diocesi di Potenza, sostando qualche giorno anche a Potenza, suscitando ovunque entusiasmo, fervore e gioia nei numerosissimi fedeli e ricevendo particolari attestati di devozione. Nel 1996 la popolazione aviglianese, nello spirito della fede e della tradizione dei padri, ha celebrato solennemente i tre secoli di culto alla Beata Vergine del Carmine. Il sacro rito è stato presieduto dal Cardinale Kazimierz Swiatek, Metropolita di Minsk-Mahilek e Arcivescovo di Cernobyl che, con la sua presenza, ha voluto testimoniare la riconoscenza del popolo della Bielorussia verso le famiglie aviglianesi che, da qualche anno, ospitano, nel periodo estivo, un numeroso gruppo di bambini provenienti da quella sfortunata terra. Anche il Papa ha voluto partecipare alla grande festa del popolo aviglianese inviando, tramite il suo Segretario di Stato, Cardinale Angelo Sodano, un messaggio contenente il suo compiacimento per l’opera sinora svolta dalla fervida pietà dei fedeli aviglianesi per la diffusione dell’autentica devozione alla Madre di Dio e impartendo la sua benedizione apostolica propiziatrice di fervore spirituale in preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000. Nell’ambito delle celebrazioni per ricordare la solenne ricorrenza, particolare significato ha assunto l’iniziativa della Confraternita della Madonna del Carmine di Avigliano che, con grande generosità ed impegno, ha realizzato, in proprio, la collocazione di una grande stele sulla cima del Monte, con la sacra immagine della Vergine Maria, scolpita in un grosso blocco di pietra del Carmine ad opera del maestro scultore Francesco Viola. In tal modo hanno teso testimoniare e tramandare ai posteri la loro indefettibile fedeltà alla venerata Madonna del Carmine. Le processioni si svolgevano e si svolgono tuttora all’insegna di antiche tradizioni, con la nota coreografica di canti popolari spontanei, ispirati dalla devozione dei fedeli, e lo snodarsi degli originali cinti di cera, trasportati a spalla, dei diversi gruppi di devoti delle varie frazioni del contado di Avigliano e dei comuni limitrofi. Alcune manifestazioni devozionali e votive, che suscitavano tra i presenti intense emozioni, compenetrazioni e solidarietà di preghiere, oggi sono scomparse: donne a piedi scalzi che, per tutto il tragitto delle processioni, procedevano con forti lamentazioni ritmate da pugni al petto, donne che attraversavano la chiesa sulle ginocchia o che strisciavano, in segno di grande umiltà, la lingua sul pavimento del sacro tempio.

Chiesa di San Vito

Chiesa di San Vito

Per la Cappella di S. Vito non esistono documenti per poter determinare l’esatta data della costruzione.
L’attuale Cappella fu edificata sulle fondamenta di quella più antica esistente già nei secoli precedenti e davanti alla quale vi erano due grandi olmi dal fusto altissimo, con una circonferenza di circa 22 palmi, ed una quercia grandissima che, per l’edificio sacro, costituivano un pregio paesaggistico di notevole bellezza ed un riparo sicuro dalla calura estiva per la gente che numerosa si recava nella festa del 15 giugno a visitare il Santo.
La grande quercia si sradicò il 16 giugno del 1780 a causa di un violento temporale. Anche i due olmi non esistono più. L’ultimo cadde nel 1935 a causa, secondo la tradizione, di uno scavo effettuato ai suoi piedi per rintracciare un tesoro nascosto.
Ad avvalorare l’epoca di costruzione dell’attuale Cappella al 1600, contribuiscono la presenza, nella stessa, di una scultura in legno policromato di S. Vito ed un dipinto attribuito a G. L. Cardone del XVIII secolo. Posteriormente, nel 1780, a ridosso dell’altare maggiore, venne costruito un locale per la segrestia ed un piano rialzato per l’alloggio dell’abate.
Questi, oltre che del culto, si prendeva anche cura degli ammalati morsicati da cani randagi e rabbiosi, ospitati in una specie di lazzaretto sistemato nello stesso alloggio. La Cappella era sotto la giurisdizione dei Padri del Convento dei Domenicani e, nella relazione Gaudiso del 1736, risulta possedere una rendita derivante da cento vacche e cento pecore.
L’origine del culto di S. Vito ad Avigliano non ha data certa, ma certamente è molto antico e lo si può far risalire ad alcuni secoli prima della costruzione dell’attuale Cappella che, come abbiamo detto, e’ stata edificata sulle rovine dell’antica primitiva chiesetta. La devozione a questo Santo è stata sempre molto sentita dagli aviglianesi tanto da sceglierlo come loro protettore fin dal XVIII secolo, ottenendo, il 14 maggio 1748, un decreto a firma del Card. Tamburrini che esaudiva la loro scelta. Nel 1811, patrona di Avigliano divenne la Madonna del Carmine mentre S. Vito rimase compatrono della parrocchia e della Chiesa Madre. Ai fini civili S. Vito è patrono dell’intero territorio del Comune di Avigliano dal 1895.

Palazzo Corbo

Palazzo Corbo

Era la dimora dell’antica famiglia corbo, giunta ad Avigliano da Sulmona (Aq) nel lontano 1315. Il primo nucleo risale alla fine del XVI secolo, ma il palazzo fu sottoposto a continui lavori di ampliamento man mano che aumentavano le esigenze della famiglia. Nel 1871 aveva raggiunto la consistenza definitiva di 63 vani.

Abbandonto verso la fine del XIX secolo, l’edificio, ormai cadente, viene ristrutturato circa un secolo dopo per essere destinato all’edilizia economica e popolare privilegiando comunque la conservazione dell’aspetto estetico.

Testo: Arch. Francesco Manfredi.

Chiesa Santa Maria degli Angeli

All’inizio del 1600 fu fondato in Avigliano un secondo Convento, quello dei Francescani dell’ordine dei Riformati che operarono nel paese con grande dedizione per il culto sacro ed anche per l’assistenza al popolo che li ebbe sempre in gran simpatia fino alla soppressione del loro Convento, avvenuta nella seconda metà dell’800.
Fin dal 1500 era iniziato un gran movimento di rinnovamento religioso in seno ai vari ordini monastici. Soprattutto i francescani dettero impulso a questo rinnovamento con l’intento di ritornare alla piena osservanza della regola dando così origine all’ordine degli Osservanti.
In seguito, in seno agli Osservanti, nacque un movimento che si caratterizzò per la più stretta osservanza della regola e che prese il nome di Riformati. Anche in Basilicata si diffuse questo movimento e sorsero diversi Conventi tra cui quello di Avigliano. La data di fondazione di questo Convento, comunemente la si fa risalire all’anno 1615 quando una bolla pontificia ne autorizzò la costruzione.
Il Comune cedette il luogo, fuori dell’abitato, ai piedi della collina denominata Impiso che poi, ad opera degli stessi frati, diventerà il Calvario, e qui, con il contributo dei cittadini aviglianesi, fu eretto un ampio Monastero che venne occupato dai Francescani dell’ordine dei Riformati. Ben presto il Convento si sviluppò e si arricchì della presenza di molti frati.
Nella relazione dell’Ardoini, del 1674, risulta avere 30-40 frati, due studi di logica e filosofia per i Professi e a volte anche il Noviziato. Anche nella relazione del Gaudioso, del 1736, il Convento risulta avere 30 frati. Nel 1786 venne ultimata la bellissima Chiesa di Santa Maria degli Angeli, annessa al Monastero dei Padri Riformati. Molto belli sono i suoi portali decorati da stipiti lavorati a punta di diamante (bugnato), mentre l’interno è a due navate di stile barocco molto decorate. Di pregevole fattura sono gli altari realizzati in legno intagliato e decorato che esaltano l’originalità dello stile barocco.
Vi si trovano diverse statue e sculture in legno policromato e diverse tele di pregevole valore, risalenti tutte al 1600 e 1700. Nella sagrestia si conserva un ritratto ad olio di Mons. Filippi datato 1869 su cui in seguito, nel 1876, in occasione della sua promozione ad Arcivescovo dell’Aquila, fu aggiunta la seguente iscrizione:
ALOISIUS FILIPPI DOCTRINA ALLISQ: VIRTUTIBUS LUMINANS POST QUINQUAGINTA ANTISTITES PRIMUS AQUILANAE DIOCESIS ARCHIEPISCOPUS A. D. MDCCCLXXVI RENUNTIATUS
Dopo un lungo periodo di abbandono ed incuria, di recente, la Chiesa del Monastero, certamente il bene culturale più importante di Avigliano, è stata restaurata e restituita al culto ed ai numerosi visitatori che da sempre, da ogni parte, si sono recati per ammirare il suo valore architettonico ed il suo patrimonio artistico, tra i più interessanti della Regione. Attualmente sono ancora in corso i lavori di restauro della restante parte del Monastero e del suo chiostro e ci auguriamo che al più presto anch’esso venga ultimato e di poter vedere ritornato al suo antico splendore tutto il complesso monasteriale.
Nel 1800 il Monastero conobbe il suo massimo splendore grazie all’opera di un insigne religioso aviglianese, il padre francescano Luigi Filippi, che con le sue iniziative lo aveva reso il più noto centro promotore di cultura e di azione sociale della nostra regione.

Chiesa Madre Santa Maria del Carmine

Costruita in età medievale sul sito delle sepolture della gens Villiana, subì nel corso dei secoli vari interventi di ampliamento e restauro, fino alla totale ricostruzione messa in atto nella prima metà del XIX secolo dall’architetto dell’Intendenza di Basilicata Domenico Berni e completata nel 1854. È in stile neoclassico su impianto a tre navate, e conserva all’interno pregevoli altari in marmo policromo della seconda metà dell’Ottocento con statue lignee databili ai secc. XVII-XVIII. Sull’altare maggiore venne realizzato nel 1950 il trono marmoreo per la statua della madonna del Carmine, opera dei fratelli Manfredi, lapicidi aviglianesi.

Castello Di Lagopesole

Il castello, a pianta rettangolare, presenta due cortili: il minore, di epoca altonormanna, conserva al centro un mastio (donjon) quadrato che curiosamente è fuori asse rispetto al resto della struttura, che indica che molto probabilmente è anteriore alla costruzione del castello antistante. La torre (il Donjon) è caratterizzato da una muratura bugnata nella parte superiore, fatto tipico per l’architettura sveva, in questo caso l’edificio è molto probabilmente risalente all’epoca di Enrico VI di Svevia. Anche le due teste (un uomo e una donna) scolpiti li fanno pensare ai castelli dei Svevi nell’Alsazia, costruiti nella fine del XII secolo.

È da notare anche la compattezza tipica di queste strutture: solo tre feritoie, infatti, si aprono sulle pareti sud, est ed ovest, mentre su quella nord c’è l’unico possibile accesso, a circa quattro metri dalla quota di calpestio, cui corrispondono due grandi mensole in pietra (probabili basi d’appoggio per un passaggio mobile) ed altre due mensole figurate nella parte superiore. Il cortile maggiore, risalente all’ampliamento iniziato da Federico II di Svevia nel 1242 sui resti di precedenti costruzioni normanno-sveve (a scopo militare) ed angioine (a scopo residenziale), include una vasta cisterna ed una grande cappella.

Proprio quest’ultima è una peculiarità che contraddistingue questo castello da tutti gli altri attribuiti a Federico II di Svevia; infatti la presenza, al suo interno, di una chiesa vera e propria e non di una semplice cappellina è l’unico esempio tra tutti quelli risalenti a quell’epoca imperiale. La chiesa, in un austero stile romanico che i restauri effettuati negli ultimi anni del XX secolo hanno portato alla luce e consegnato ai posteri nel suo originario splendore, ha un’abside semi circolare e l’entrata decorata con il motivo dei denti di sega, tipico dell’età angioina.Il castello fu dimora ideale di Manfredi, figlio di Federico II, che privilegiò Lagopesole alla capitale del suo regno, Palermo. Lo stato presente del castello, restaurato negli anni novanta, riflette le modifiche apportate al progetto normanno-svevo da Carlo I d’Angiò, che utilizzò il castello soprattutto come prigione di lusso (vi rinchiuse fino alla morte Elena Angelo Comneno di Epiro, moglie di Manfredi, e i suoi figli). Nell’Ottocento il castello fu rifugio dei briganti capeggiati da Carmine Crocco, che il 7 aprile 1861 lo occupò con 400 uomini. Il castello, oggi proprietà demaniale e sede del Corpo Forestale dello Stato, ospita numerose attività culturali e dal 2000 accoglie l’Antiquarium realizzato con i materiali medievali rinvenuti durante le campagne di scavo effettuate nel cortile minore. Nel 2012 viene scelto come set per la fiction Il generale dei briganti di Paolo Poeti.

Arco della Piazza

E’ così deno,minato perchè si affaccia sulla piazza E. Gianturco. Si tratta di un antichissima porta urbana delimitante – come si legge nell’epigrafe posta del 1844 al di sopra dell’ archivolto – sin dal IX secolo, il primo nucleo urbano di Avigliano. E’ costituito da un arco a tutto tondo lavorato a doppia scanalatura, impostato su piedritti con la medesima lavorazione foggiati su semplici basi. Stilisticamente è riconducibile a modelli di ispirazione classica in uso in epoca tardo rinascimentale, posti in opera, con l’espansione urbana oltre la piazza, la funzione originaria di porta urbana stava per essere definitivamente superata.

Testo: Arch. Francesco Manfredi.

Palazzo Labella

Occupa un lotto di forma quadrangolare all’interno dell’isolato che definisce la quinta orientale della piazza E. Gianturco. La sua edificazione è riconducibile alla seconda metà del XIX secolo. Vi si accede dal prospetto a monte (via A. Labella), tramite un ingresso con portale centinato, recante in chiave di volta la data 1870. il palazzo fu costruito al disopra dei 2 livelli preesistente che hanno accesso dalla piazza, e che non fanno parte del palazzo. Devastato da un incendio divampato nel 1976, il palazzo venne poi completamente ristrutturato.

Tra i personaggi di spi9cco della famiglia va ricordato Antonio Labella (1872-1944) poeta e uomo di lettere.

Testo : arch. Francesco Manfredi.

Monasteri e Conventi

  • Monastero dei Frati Minori Riformati, edificato grazie all’autorizzazione pervenuta nel 1615 con una bolla pontificia, venne costruito presso la collina Impiso. Nel XIX secolo divenne famoso grazi al lavoro svolto dal monsignor Luigi Filippi.
  • Convento dei Padri Domenicani, edificato grazie a Zenobia Scaglione vedova di Giuseppe Caracciolo, signore di Avigliano e Ruoti per evitare i lunghi spostamenti dei dominicani, nel 1605 iniziarono i lavori. Restaurato nel 1815 divenne un orfanotrofio provinciale fino al 1990.
  • Convento delle Monache di San Giuseppe, nato grazie alle richieste del sacerdote don Leonardo Coviello lasciate tramite testamento, venne completata nel 1704 venne aperto nel mese di giugno dell’anno 1705. Dal 1920 il numero di suore presenti era diventato esiguo e si arrivò alla chiusura nel 1926, e abbattuto nel 1966, al suo posto si trova una scuola materna